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      Cantavi a bassa voce, limpida come un filo d'acqua tra l'erbe. Dolce creatura! E quando chinavi la testa sulla mia spalla, io ti tenevo il mento nella mano, t'accarezzavo le guance e i fini capelli, e una tenerezza tremante mi prendeva non potendo io comprendere che tu eri mia. Piccola, piccola! perché m'hai fatto questo male?
      Solo m'hai lasciato qui, dopo averti baciato. E ora non c'è pace piú, in nessun posto, anima. Dove potremo nascondere la nostra amarezza? Alziamoci e camminiamo con i nostri cotidiani passi lenti, in cerca della nostra solitudine.
     
     
      Il carso è un paese di calcari e di ginepri. Un grido terribile, impietrito. Macigni grigi di piova e di licheni, scontorti, fenduti, aguzzi. Ginepri aridi.
      Lunghe ore di calcare e di ginepri. L'erba è setolosa. Bora. Sole.
      La terra è senza pace, senza congiunture. Non ha un campo per distendersi. Ogni suo tentativo è spaccato e inabissato.
      Grotte fredde, oscure. La goccia, portando con sé tutto il terriccio rubato, cade regolare, misteriosamente, da centomila anni, e ancora altri centomila.
     
     
      Ma se una parola deve nascere da te - bacia i timi selvaggi che spremono la vita dal sasso! Qui è pietrame e morte. Ma quando una genziana riesce ad alzare il capo e fiorire, è raccolto in lei tutto il cielo profondo della primavera.
      Premi la bocca contro la terra, e non parlare.
      La notte; le stelle impallidenti; il sole caldo; il tremar vespertino delle frasche; la notte. Cammino.
      Dio disse: Abbia anche il dolore la sua pace.
      Dio disse: Abbia anche il dolore il suo silenzio.


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Il mio Carso
di Scipio Slataper
pagine 103

   





Abbia Abbia