Pagina (101/103)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Egli č nuovo ed eterno. E ogni tanto s'apre in lui una quieta dolina, ed egli riposa infantilmente fra i peschi rossi e le pannocchie canneggianti.
      Disteso sul tuo grembo io sento lontanar nel profondo l'acqua raccolta dai tuoi abissi, una sola acqua, e fresca, che porta la tua giovane salute al mare e alla cittā.
      L'acqua delle tue grotte io amo che s'incanala benefica per le strade dritte. Amo queste donne carsoline che stringendo fra i denti, contro la bora, la cocca del fazzolettone, scendono a gruppi in cittā, con in testa il grande vaso nichelato pieno di latte caldo. E la striscia bianca dell'alba, e il bruciar doloroso dell'aurora fra la caligine della cittā.
      Qui č ordine e lavoro. In Puntofranco alle sei di mattina l'infreddito pilota di turno, gli occhi opachi dalla veglia, saluta il custode delle chiavi che apre il magazzino attrezzi. I grandi bovi bruni e neri trainano lentamente vagoni vuoti vicino ai piroscafi arrivati iersera; e quando i vagoni sono al loro posto, alle sei e dieci i facchini si sparpagliano per gli hangars. Hanno in tasca la pipa e un pezzo di pane. Il capo d'una ganga monta su un terrazzo di carico, intorno a lui s'accalcano piú di duecento uomini con i libretti di lavoro levati in alto, e gridano d'esser ingaggiati. Il capo ganga strappa, scegliendo rapidamente, quanti libretti gli occorrono, poi va via seguíto dagli ingaggiati. Gli altri stanno zitti, e si risparpagliano. Pochi minuti prima delle sei e mezzo il meccanico con la blusa turchina sale sulla scaletta della gru, e apre la pressione dell'acqua; e infine, ultimi, arrivano i carri, i lunghi scaloni sobbalzanti e fracassanti.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il mio Carso
di Scipio Slataper
pagine 103

   





Puntofranco