Si può adunque dire con certezza che dal 1834 non fu propriamente in Piemonte scuola di Chimica tecnica, e che la scuola universitaria di Chimica generale e tecnologica non tornò mai a diretto vantaggio di coloro che si applicavano alle arti".
Questa mancanza dell'insegnamento tecnico era già sentita dal Mazzini in Genova nel 1828, quando ancor giovane scriveva intorno alla pubblica istruzione: "Perchè, egli diceva, ai giovani di media condizione, e a tutti quelli che non si vogliono, o non si possono dedicare allo studio della Medicina o della Giurisprudenza, non è aperta una scuola di scienze applicate agli usi e ai bisogni più comuni del vivere, in cui, dopo gli elementi delle cognizioni indispensabili ad ogni classe, siano insegnate la Meccanica, la Geometria pratica, il Disegno lineare, la Nautica, l'Agricoltura suscettiva di sempre nuovi miglioramenti, onde queste scienze, con progressivo metodo contribuendo alla buona direzione e al perfezionamento delle arti e mestieri, vengano a formare esperti navigatori, buoni architetti, intelligenti artigiani, industri coltivatori, fabbricanti ingegnosi?".(58)
Come si scorge, qui il Mazzini non ricorda la chimica. Ed il perchè è facile trovarlo. Allora l'insegnamento di questa scienza a Genova, anche nell'Università, era quasi nullo: quello poi della chimica applicata era in arretrato anche presso le altre nazioni, e già in Germania appena appena cominciava con Liebig.
Ancora prima del 1860 le persone colte, che non erano chimici, sentivano la mancanza in Italia degli insegnamenti teorico-pratici della chimica.
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