Il più rivoluzionario dei miei amici si avvolse dignitosamente nel lenzuolo, quasichè fosse un peplo; le forme del futuro difensore della Repubblica Francese non erano greche di certo; i suoi stinchi potevano benissimo scambiarsi per fusi, e tutto l'insieme ti dava un'idea esattissima di un Cristo del Cimabue.
- Cantiamo la Marsigliese - Gridò
E tutti, con certe voci da birboni, che non le può immaginare all'infuori di chi l'abbia sentite, cominciarono il celebre inno di Rouget de l'Isle: Allons, enfants de la patrie, con quel che segue.
- Signori per carità - Urlava con voce più delle nostre stuonata, la padrona di casa dall'uscio vicino.
- Questa è una vera porcheria - Di rimando aggiungeva l'inquilino della stanza di contro - Quando si ha la sbornia, la si va a digerire in campagna.
- A chi la dice briaco? - Protestava, offeso nella sua dignità, il Romano dal letto.
- Misuri i termini. Vociavano gli altri.
- Per chi la ci ha preso?
- Bellino lui!... Fa il feroce, perché è dietro la porta.
- Giù la porta.
- Alle barricate!...
- Alle barricate!...
Descrivervi la pioggia di proiettili d'ogni genere che fu scaraventata su quell'uscio, sarebbe cosa impossibile; era un turbine di stivaletti, di libri, di guanciali, di spazzole; il malcapitato se ne andò battendo a più riprese la porta e protestando che andava a far rapporto alla delegazione vicina.
- E ora, saranno soddisfatti! - Esclamò la padrona, sempre dietro le scene.
Per nostra buona fortuna il chiarore bianchiccio dell'alba, si fece vedere tra gli spiragli delle nostre finestre, ed i miei compagni partirono allegri e contenti, dopo averci scambiato la promessa di vedersi tra otto ore in via Grande a Livorno, chè le mie occupazioni esigevano che io mi dovessi trattenere tutta la mattina a Firenze.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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