- Che ci è di nuovo? - Domandai con ansia, a quelli che mi avevano fatto un cerchio all'intorno.
- Che ci è di nuovo? - Proferì con rabbia, il più secco e più bisbetico - Perdio!.... Vieni al Consolato e vedrai.... E avrebbe a andar benino, davvero!
- Andrà come doveva andare - Soggiunse un'altro - Quando alla testa ci si vuol metter certa gente.... Quando si vuol proceder sempre con certa maniera.... Già lo dicevo io... tutte le volte che ci siam fidati dei Francesi si è fatto proprio un bel bollo.
- Ma insomma cosa ci è?... si parte?....
- Sì.... per Firenze, o per dir meglio per le Murate!
- Ma.... come?
- Vieni.... vieni con noi e ti si ripete, vedrai.
Non intendendo alcuna cosa, ma volendomi per lo meno sincerare su una sventura, che non conoscevo e che ci minacciava, seguii colla coda tra le gambe, i bravi ragazzi.
Arrivammo in due salti alla sede del Consolato; in faccia alla porta una folla innumerevole di popolani chiassava, si agitava, gestiva; qualcuno, senza far tanti discorsi, si era già messa la camicia rossa sotto la giacchetta; un andare o venire, un rimescolarsi continuo, un'accalcarsi intorno a qualche povera vittima che esciva dal portone, un vociar di ragazzi che a capanelli osservavano la scena, e gridavano incessantamente: Viva Garibaldi.... Per una spedizione fatta in tutta segretezza il principio non poteva esser migliore!
- Ma che vi è dunque? - Domandai a un mio compagno.
- Il console non si fa vedere, il cancelliere, nuovo Pilato, dice che se ne lava le mani, e tutta questa gente è rimasta come la celebre statua di Tenete.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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