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      Il colonello Perelli, da vero vecchio militare, sapendo quanto il tempo è prezioso non se ne stava con le mani in mano ma dava prova di una instancabile attività; già aveva costituito le squadre, nominandone i capi, già aveva pensato al modo di provvedere il vitto per tutta quella gente (chè nella nottata il numero dei volontarii era asceso fino a cento) ed aveva in serbo per tutti buone speranze e conforti. La salle à manger era stata trasformata in ufficio di stato maggiore ed io fui incaricato a compilare il primo ordine del giorno.
      Cominciavo a scrivere, quando scesero nella stanza l'agente della compagnia accompagnato dal capitano; mi domandarono dove si trovasse il Colonnello ed io mi mossi per andarlo a chiamare.
      Salii immediatamente e trovai il Perelli a tu per tu con una vecchietta, tutta pepe e tutta piangente.
      - Queste sono infamie e il governo dovrebbe mandarli in galera.... non si strappano così i figliuoli alle povere mamme che hanno fatto tanti sacrifizii per mantenerli.
      - L'ho forse chiamato io il suo figliuolo? borbottava l'altro stizzito.
      - Non lo so, ma lo voglio!
      - Ebbene, se lo trova, che se lo riprenda!
      - Loro me l'hanno nascosto, ho girato per tutto e non mi è stato possibile di trovarlo,
      - E allora?
      - E allora?! allora me l'hanno a rendere, e mi meraviglio di lei che non è più dell'erba d'oggi e che dovrebbe avere un po' di cuore e un po' di cervello.
      - Ma, se il nome del suo figliolo non comparisce nel ruolo!....
      - Quel birbone ne avrà dato uno falso...
      - Colonnello, interruppi io, c'è il capitano e l'agente che lo desiderano.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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