Trascorre un altra mezz'ora; si ascolta il rumore dei disgraziati che sono stati avvinghiati pei primi dai falchi del Bolis: si compiangono, ma quale fortuna, se noi potessimo uscir loro dalle unghie!.. Il vapore è in movimento... Che si parta davvero? Non si osa credere a noi stessi, ma alle fine ci si persuade che si va... Si va, ripetiamo tutti tra noi, e sentiamo tra ciglio e ciglio l'umor di una lacrima - Ci si ferma di nuovo!... - Esclama un nostro compagno, e pur troppo, ci si convinse di subito della triste verità. Una testa comparisce al nostro finestrino; era la testa di un questurino, che da abile esploratore, si era arrampicato al difuori del bastimento, ed aveva scoperto il nostro nascondiglio.
- Signori, non resistano - Ci disse con voce rauca.
- Nessuno rispose; egli se ne andò... Oh! avessimo avuto un revolver!
- Lei deve aprirci la porta - Ripeteva intanto sul cassero una vocina melliflua, a cui rispondeva l'accento ben cognito del capitano: Mi rincresce, ma fu perduta la chiave... l'assicuro però che quello è il mio spogliatoio...
- Io ho l'ordine di perquisire ogni cosa.. si mandi pel magnano del porto.
Intanto una tempesta di colpi si sprigionava su quel povero uscio.
- È impossibile trovare il magnano - Diceva poco dopo un'altra voce.
- Signori - Gridava allora al buco della nostra serratura quello che poco fa parlava col capitano. - Signori, io li prego a non commettere imprudenze, si arrendano colle buone; partire è impossibile, non facciano perdere un tempo prezioso al capitano.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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Bolis
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