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      .. e spesso per spingerlo più presto gli si amministra gentilmente una pedata che il meschinello riceve, grattandosi il capo! Sarà innocente... E che importa?... Lo si manda giù tra la feccia, tra i borsaioli, tra i ladri d'ogni qualità e d'ogni risma; gli si fanno degli sgarbi premeditati, gli si ride sul muso quando protesta della propria innocenza; si tiene a stecchetto di pane, si fa mangiare mezz'ora dopo quella prescritta dai regolamenti, si cerca infine di rendere più triste, più penosa la di lui posizione: mai una parola d'affetto per lui, sempre un ghigno, sempre una maledizione... E se fosse innocente!... Per un signore poi è un altro paio di maniche: inchini, conforti, agevolezze: il caffè e latte la mattina, la bottiglia per pranzo, e qualche volta anche il the per la sera... oh, come è rispettata l'eguaglianza a questi lumi di luna!
      Dunque, come ho detto, eravamo in cinque in una prigione. Gagliano, il Colonnello, mio fratello, io ed un giovinetto Perugino, che per la prima volta si moveva da casa, e che era innamorato come un ciuco di una ballerina cui aveva promesso per quanto prima l'anello nuziale.
      Il primo giorno, non vedendo alcuna probabilità di un interrogatorio, non facemmo che scrivere. Scrivemmo al console, a una dozzina di deputati, a una mezza dozzina dì giornalisti, e perfino al Lanza: in tutti i nostri scritti si protestava contro la patente ingiustizia, di cui eravamo stati le vittime, e si scongiurava, affinchè fosse troncato quello stato penoso, che, temevamo, si prolungasse ancora per un lasso di tempo, non indifferente.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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