Mi risparmino i lettori l'orrore di descriverla!.. Un viso da leticare il giallo alle carote, un personale impossibile, due mani che certamente non sarebbero state sproporzionate per il Biancone di piazza. Mi fecero mille complimenti, mi volevano presentare il figliuolo e il fratello: io con una scusa qualunque voltai loro gentilmente le spalle, che amavo credere il nostro compagno di sventura, gobbo, sciancato, ridicolo, per potere almeno avere il vanto di aver conosciuta la famiglia più brutta, che in questi tempi Borgiani, passeggi sotto la cappa del Cielo!
Pochi minuti dopo, si entra tutti nel convoglio: Piccini che doveva essere, il capo squadra ci sfugge: il treno è in movimento e noi ci si trova, spinte e sponte, trasportati a Firenze.
CAPITOLO IV.
Essere in Firenze, e ricominciare a studiare le strade per tornare in Francia fu tutt'una. Il male si era, che le nostre piccole risorse avevano avuto un colpo tremendo, e che la questura aguzzava, come Argo cento occhi per spiare i nostri movimenti più piccoli, le nostre più segrete conventincole. Non si credano esagerate le mie parole: per il malaugurato affare di Livorno si era cominciato un processo, e si adopravano nelle sfere governative a tutt'uomo per mandarlo avanti o di riffe o di raffe: si voleva infatti far vedere alla Prussia come in Italia fossero ligi al principio di neutralità e come il governo non dividesse per nulla le idee piazzaiole di quello scomunicato di Garibaldi.
Noi dal canto noStro non stavamo con le mani in mano, e, tra le altre cose (vedete, come eravamo poeti) si cercò di organizzare in Firenze una compagnia tutta Toscana, che si sarebbe chiamata dei carabinieri dell'Arno.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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