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      Salutai gli amici e verso mezzanotte mi ridussi al caffè Ferruccio. I miei quattro compagni, non avevano mancato all'appello e cominciavano a susurrare della mia tardanza; alcune nostre conoscenze fiorentine, colle quali potevamo fidarsi a chiusi occhi, si erano assise al nostro tavolino, e sotto voce ci davano qualche conforto, o si lamentavano di non poterci seguire.
      Il caffè si chiuse alle due, ed i nostri amici partirono. Qui cominciarono le dolenti note. Sembra una cosa incredibile, ma in Firenze capitale d'Italia, fu impossibile di trovare un locale che fosse aperto in quell'ora. Un nevischio impertinente ci filtrava nell'ossa, e ci batteva sulla faccia, procurandoci dei brividi che erano salutati da veementissime apostrofi. Come furono lunghe quelle due ore!... E con qual gioia non si salutò, l'aprirsi dei cancelli delle stazione. Gli Ebrei che giunsero finalmente a mettere il piede nella terra promessa, dovevano forse aver provato la medesima gioia... maggiore è impossibile.
      - Prudenza, ragazzi - Ci dice a bassissima voce il Materassi, uno dei nostri.
      - Che ci è? Proferimmo tutti spaventati.
      - Guardate! - E ci accennò colla mano una delle più celebri guardie di sicurezza Fiorentine, che prendeva il biglietto.
      Soprapensieri, come eravamo noi tutti, cominciammo a temere!...
      Ci si buttò in un vagone, e dopo un'ora eravamo a Pistoia. Altro intoppo!... Viene una guardia e ci annunzia che dovremo restar lì fermi, a dir poco due ore. La neve impediva che il treno procedesse, fino a che una macchina non fosse andatA ad esplorare la ferrovia.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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