La mattina all'alba partimmo; mi sembra inutile descrivere ai miei buoni lettori il lungo viaggio che avemmo a fare da Bologna a Genova; le famose avventure in ferrovia, che sono così spesso tirate in ballo dai romanzieri, per me sono favole belle e buone; noi fummo trasportati, nell'identico modo con cui son trasportati i bauli. Avemmo a compagni dei mercanti, dei contadini e dei soldati in congedo; ci fermammo per far colazione, come tutti gli altri a Piacenza; mangiammo di nuovo a Tortona; bevemmo una buona bottiglia di vino a Novi, non potemmo fare a meno di ammirare la magnifica vallata di Serravalle, schiudemmo i cuori alle più liete speranze, osservando l'infinito numero di fabbriche di San Pier' d'Arena, e scendemmo a Genova nelle prime ore della notte. La luna illuminava il bel monumento di Cristoforo Colombo che è sulla piazza della stazione. Noi volgemmo un saluto a quel grande, che in ricompensa di un nuovo mondo si ebbe le catene da un re, e ci persuademmo, che per volger di secoli e per variare di avvenimenti l'umanità non è punto cambiata.
Nostro primo pensiero fu di recarci da un certo individuo, che ci doveva dare il mezzo sicuro, perché si potesse muovere senza disturbi alla volta di Francia. Ci aveva dato una lettera di raccomandazione per questo genio benefico, Andrea Pieri, uno dei nostri buoni amici Fiorentini, giovane egregio e provato patriotta, di cui la democrazia piange a lacrime amare la perdita. Trovammo quasi subito la tanto desiderata persona, e secolui ci riducemmo in una bettoluccìa non molto distante dal teatro Carlo Felice, bettoluccia frequentata soltanto dai marinari, e da qualche facchino di porto.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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