- Stasera alle otto si parte! - Ci disse a pranzo il Materassi.
- Ma come?
- Andremo ad uno ad uno al battello... Io vo per il primo: voi mi seguirete.
Sull'imbrunire ci avviammo al porto; il porto di Genova è senza dubbio il primo d'Italia: il continuo movimento, l'affaccendarsi di migliaia di persone, lo sterminato numero di navi che vi sono ancorate, lo sterminato numero di vapori che s'incrociano arrivando e partendo, disegnando sull'Orizzonte una lunga striscia di fumo, ti rendono certo di essere in uno degli emporii commerciali tra i più accreditati in Europa. A terra hai il lavoro, in mare hai il vapore: le due leve che rialzeranno l'umanità fino all'altezza dei suoi gloriosi destini; l'attività individuale e la scienza!
Se i barcaioli di Livorno ci si erano mostrati usurai e sordidi, quelli di Genova ci sorpresero per il loro galantomismo.
- Lei va in Francia? - Mi domandò quello che guidava la mia barca.
- Sì - Gli risposi.
E lui, zitto come un muro.
- Quanto devi avere? - Gli domandai quando fui giunto alla scala del bastimento.
- Mi, darà mezzo franco.
- Soltanto! - Esclamai io con sorpresa.
- È il mio avere.
Io gli diedi due franchi, egli mi pose in mano il resto e si offese quando gli dissi che del resto io intendeva fargli un regalo.
A bordo, mi buttarono giù tra le cabine dei marinari. Dove erano gli altri? Sul bastimento di certo, e se non li vedevo quella sera, li avrei veduti quando l'aria fosse più libera!
Noi eravamo nientemeno che sul Conte Cavour, vapore italianissimo e appartenente alla compagnia Aquarone.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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