La taverna non era che un pretesto; la vecchia padrona teneva quelle ragazze per accalappiare i merlotti, e mentre ritraeva da loro dei lucri non indifferenti, mentre non lesinava il denaro per vestirle con tutto il lusso immaginabile, mai era larga con esse dell'oro che così indegnamente guadagnava.
Aissa del resto era simpaticissima; aveva in sé qualche cosa di Orientale; i suoi occhi nerissimi ed umidi sempre indicavano chiaramente la di lei voluttà: due labbra tumide che reclamavano un bacìo; due mani da principessa; un piedino da vera Andalusa; insomma un boccone da fare escire dai gangheri un anacoreta!
Il mare era tranquillo: la campana della Madonna della Guardia sonava lentamente; ora l'ora poetica delle ricordanze; cento barchette in qua e là solcavano le onde. Noi ci sentivamo commossi; su' di un piccolo schifo, un sonatore girovago, uno di quei Napoletani che strascinano per i caffè il biblico strumento degli antichi profeti, fece echeggiare per l'aere una canzonetta patetica, molle, meridionale e noi rammentammo l'Italia, le sue belle costiere profumate d'aranci, il movimento delle nostre città, le amate fisonomie dei nostri amici, e dei nostri congiunti... la commozione era al colmo e il bello si è che al pari di noi erano intenerite le nostre compagne... E perché ciò ha da essere strano?.. Le reminiscenze sono il patrimonio degli sventurati, e pari alla rugiada del cielo vivificano i cuori... quelle povere donne erano certamente sventurate, e più oneste di tante che scroccano il nome d'oneste nel mondo, sentivano la santa voluttà di una lacrima, e trovavano una scusa ai loro trascorsi, immerse nell'imponente, nel sublime spettacolo della calma natura.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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Orientale Andalusa Madonna Guardia Napoletani Italia
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