Chi sa dirmi quante idee ci sono in un fiasco di vino?... Esclamava il compianto Ugo Tarchetti, uno di quei perduti che cadono avvizziti per esuberanza di cuore; noi lasciamo al buon Evio le ispirazioni delle quali era così prodigo a Orazio e a Plutarco, noi gli chiediamo solamente l'oblio.
Nella stanza di aspetto della ferrovia, dove ci riducemmo quasi subito, al nostro arrivo si aggirava una folla stragrande: quel movimento c'inebriava: in un canto del salone noi vedemmo un gran cartello dove a caratteri cubitali era scritto: Qui si dà da mangiare e da bere ai soldati di passaggio. Credo inutile il dire che quell'appello non trovava dei sordi; intorno a quella porta era un'accalcarsi, specialmente di mobilizzati da far rabbia: a onor del vero anche qualche Garibaldino non fece il restìo: l'amico disertore, da volpe vecchia, rinnovò un par di volte, e ci magnificò poco dopo la squisitezza dei cibi, il gentile contegno ed i modi aggraziati delle belle ragazzine che li distribuivano, la succulenza dei consommés e delle gelatine, apprestate per i feriti, ma che egli aveva assaggiato, facendo lo zoppo. L'esempio dì lui venne tosto imitato da moltissimi dei nostri commilitoni: una valanga di storpi e di zoppi si rovesciò sul desco, dove le vivande erano apprestate; una tal cosa mi fece provare una forte repugnanza, e mi fece disperare di quei soldati che mentivano per una zuppa. Fortuna che al fuoco si portarono dappoi tanto eroicamente da farmi attribuire a semplice giovanile vaghezza, quello che in quel mentre mi aveva prodotta un'impressione tanto spiacevole!
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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