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      Garibaldi!... Chi può rammentare questo nome, chi le gesta famose dell'eroe divenuto già leggendario, senza sentirsi dì subito rapito in una commozione divina?... Eccolo là, questo vecchio figlio della rivoluzione, sempre giovine quando si tratta di rispondere ai di lei magnanimi appelli! Eccolo là quell'uomo, che nel suo splendido passato dall'ultima Montevideo alla vicina Mentana è stato sempre in prima fila per la causa divina dell'Umanità!... A che mi si rammentano i grandi, a che mi si rammentano gli eroi? Pari al sole che quando sorge col suo Oceano di luce fa oscurare le stelle, quest'uomo ha fatto oscurare la fama di tutti quelli che lo precessero. I posteri lo crederanno un mito: perché la fortuna ha dato a questi tempi un Garibaldi, quando non ci ha dato un Plutarco per rammentarne degnamente le gesta? Ma i buoni popolani son pronti a rammentarlo degnamente ai lor figli, ad insegnar loro a venerarlo come quelli da cui dipende la felicità, l'avvenire di quelli che soffrono! Io per me, le poche volte che mi è stato dato incontrarlo mi son sentito le lacrime agli occhi ed egli mi è trasvolato davanti come un eroe dei tempi sublimi, in cui i Cincinnati e i Fabbrizi lasciavano la spada dopo aver salvato la patria, per tornare alle glebe natie, O alle officine rese sacre dal sudore di quelli operai, che veramente erano grandi per il lavoro e per la virtù cittadina. Benedetto da tutti quelli che amano; implorato, come una speme da tutti quegli che soffrono; terribile ai tiranni; sempre presente agli schiavi; invano tenteranno d'abbatterlo i Giuda politici, che si inspirano ai fondi segreti del ministero, mai alle azioni generose.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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