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      Eletti a far parte di questa commissione furono appunto i tre nostri amici Rossi, Piccini, Stefani. Essi portaronsi immediatamente a Chambery, dove si abboccarono col colonnello Pais, una delle onestissime persone e dei repubblicani distinti che era rimasto acchiappato dalle reti del Frapolli. Pais cominciò col fare qualche appunto al quartier generale, deplorò le parole del Canzio, esortò i nostri giovani a non volere attizzare quel fuoco, che divampando avrebbe distrutto la reputazione di patriotti distinti e forse anche l'esito della intrapresa repubblicana. I tre furono irremovibili: vedendo allora il Colonnello come qualunque parola sarebbe stata vana a trattenerli, permise loro di allontanarsi dal battaglione, anzi li pregò a presentarsi al quartiere generale, allora in Autun, e a scongiurare coloro che comandavano l'armata dei Vosgi a prendere una definitiva risoluzione affinchè cessasse quel fatale dualismo che poteva condurre a così triste, a così deplorevoli consequenze.
      Accompagnati alla stazione dagli applausi di tutti i compagni, ed imbarcatisi, dopo un viaggio lungo, anzichenò a causa dell'interruzioni ferroviarie, i nostri amici arrivarono al capoluogo del Giura, alla città che fu culla del noto Mac Mahon, e senza por tempo di mezzo, si recarono alla sede del quartier generale.
      Lobbia e Canzio accolsero i nuovi venuti più che se fossero amici, proprio come se fossero stati fratelli. Tutti erano indignati per il contegno tenuto dal Frapolli: difatti nessuno poteva farsi una ragione del come quest'uomo daccordo coi Comitati accaparasse per se tutta la miglior gioventù che veniva d'Italia, e la forzasse all'inazione, alla vita coruttrice della caserma e della guarnigione, mentre il generale Garibaldi non faceva che raccomandarsi a tutte le parti, perché gli inviassero dell'uomini.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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