Dopo due o tre giorni il quartier generale erasi trasferito a Digione ed i tre nostri amici, insieme al prode comandante dell'armata dei Vosgi (chè la compagnia dei Carabinieri Genovesi mai si staccava da lui) erano venuti in questa città.
Tale a un dipresso fu la narrazione che a pezzi e bocconi strappammo durante il desinare ai nostri compagni, che si mostravano di un buon'umore e di una gaiezza invidiabile. Entrarono nella trattoria e si unirono con noi Mecheri e Ghino Polese, appartenenti ambedue alle Guide, e già in Francia ambedue fino dai primi principii della campagna. E qui furono lunghi discorsi, domande spesse, ripetute, alla maggior parte delle quali era impossibile dare una risposta, tanto rapidamente le si succedevano; era una conversazione briosa, scapigliata, attraente; e a renderla più allegra e più rumorosa influiva non poco lo squisito nettare, che producono i vigneti della Côte d'Or, incantevole soggiorno per chi adora il dio Bacco.
Prometto che sarà l'ultima volta che mi perdo nel cantare le glorie del vino; hanno ragione, purtroppo coloro, che dicono che noi abbiamo troppo presenti le libazioni che abbiamo fatto nell'ospitale Borgogna, e che ad ogni poco io apparisco più un ubriaco che uno scrittore: ma mi crederei uno scrittore macchiato della più nera ingratitudine, se io non ti rammentassi o liquore color d'ambra, che c'ispirasti tante magnanime idee, che ci mantenesti in tanta salute per la modica somma di cinquanta centesimi per bottiglia, mentre qua adulterato, bisogna pagarti tre o quattro franchi.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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