Il cielo si era un po' rischiarato: ci destammo un poco più tardi del solito, poiché in dormiveglia ci sentivamo solleticare gli orecchi dal monotono tic tac dell'acqua che sgocciolava dai tetti, su cui si sfaceva la neve.
Andammo al quartiere, nulla di nuovo; allora lasciati i compagni, me ne tornai a casa a tener compagnia al Materassi che avendo mandato ad allargare uno stivale, si trovava nella dura situazione o di marciare a pie' nudo, o di aspettare il comodo del cittadino calzolaio; sdraiato in poltrona, ed in faccia ad un camminetto le cui fiammate eloquentemente addimostravano le prodigalità... dei nostri padroni di casa. Materassi aveva prescelto quest'ultimo partito, e con una posa tra il Pachà e il cuor contento aspirava voluttuosamente le boccate di fumo, di una pipa da dieci soldi, che riteneva come un ricordo di Lione.
Io era sdraiato su di un'altra poltrona davanti a lui: si discorse per due ore buone: si discorse delle nostre padroncine di casa che tutti ci elogiavano e che noi non avevamo per anche vedute: si fecero un centinaio di progetti per giungere ad ammirare queste famose beltà: si parlò di una nuova mitragliatrice che avrebbe ottenuto portentossimi effetti: questo nuovo ordigno di guerra, invece di mitraglia, doveva vomitar dei marenghi, e le truppe dell'inimico sarebbero state sbaragliate più presto... ma sul più bello della discussione, sentimmo un gran rumore per le scale: l'uscio s'aprì improvvisamente, la nostra padrona, con una fisonomia da metter paura in corpo all'uomo più sconclusionato del mondo, si buttò ai nostri piedi, gridando a squarciagola: Les Prussiens, Les Prussiens!
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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