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      Mi venne in mente la leggenda popolare che sostiene Caino esser stato relegato nella luna; le macchie di questo pianeta mi sembravano in quella sera proprio gli occhi di questo primo fratricida, che ora allegravasi a quella strage fraterna.
      Su un carrettone vedemmo insieme a tanti altri lo Stefani che era stato ferito in un braccio; noi c'inoltravamo serii serii in mezzo a quelle confusione; nessuno avrebbe potuto scherzare: un giovinetto si azzardò di intuonar sottovoce una cantilena fu acremente ripreso: erano troppi i morti che avevamo veduti a quell'ora, eran troppe le perdite che ci facevano sanguinare l'anima a tutti e, ce lo perdonino gli spiriti forti, noi si sentiva voglia di piangere. Io comprendo in certi momenti l'indispensabilità di una guerra, comprendo che nel fervore delle pugne ci s'inebrii più che se prendessimo parte a una scena d'amore e di ardentissimo amore, ma, quando tutto ritorna nella solita calma; quando girando gli occhi non vedi che informi ammassi di carne che saran putrefatti tra poco, e che poco tempo fa sentivano, amavano, speravano; quando ripensi al dolore, alla disperazione di migliaia di madri e di vedove, se non detesti questa macelleria d'innocenti, questa violazione delle più care affezioni e dei legami più sacri, bisogna dire che la natura ti ha dotato di un cuore di pietra!.. I Chinesi, che noi abbiamo avuto il coraggio di chiamar barbari sino a questi ultimi tempi, fino dall'età più lontane, come ci dice Laotsu, imponevano ai loro generali di mettersi in lutto, appenachè avevano vinto una battaglia: noi che ci si becca il titolo di umanissimi e di civilizzati inalziamo sulle nostre piazze monumenti ai generali, anche quando hanno perduto, purché abbiano tirato a far ciccia.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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