- Che ci è?
- I Prussiani si avanzano... hanno avuto rinforzi.
- O non si erano ritirati?
- Sì... ma ora ritornano.
- E noi?
- Si batte in ritirata.
- È impossibile... Garibaldi si farà ammazzare ma non vorrà dar loro questa soddisfazione.
- Eppure vedrete... vi dico che si va a Lione.
- Smettete, pazzo!
- Non è vero!
- Se hai paura, và a letto.
- È impossibile!...
Insomma a forza di queste discussioni, si era giunti al cimitero che è quasi difaccia alla ferrovia. Lì trovammo Garibaldi in carrozza, tutto lo stato maggiore e alcuni battaglioni schierati. Degli scorridori prendevano la via onde attinger notizie, o recar dei dispacci. Il freddo era tremendo; tutti si batteva i denti, ci si strisciava le mani, si passava infine un quarto d'ora più climaterico di quello di Rabelais.
Fortunamente, dopo informazioni ricevute, il Generale ci rimandò tutti a dormire: non era stato che un'equivoco, di cui noi avevamo pagato le spese. Mezz' ora dopo, a dir molto, si dormiva di nuovo tranquillamente.
CAPITOLO XV.
Quattro ore di sonno, e poi via di corsa in quartiere: quelli erano giorni che si poteva affermare di essere esempii viventi della teoria di là da venire, del moto perpetuo. La nostra scuderia aveva due nuovi ospiti; due cavalli che Mecheri e Ghino Polese avevano preso sul campo: questi due giovani, il giorno innanzi, distaccandosi con tre o quattro altri da noi, erano corsi in prima fila, ed avevano ottenuto dai presenti gli elogii più ampi per il loro sangue freddo e il loro coraggio: Ghino, da quel capo ameno che era, tra una scarica e l'altra, nel turbinio dello palle faceva un minuetto, destando unanimi sorrisi d'ammirazione.
| |
Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
|
|
Prussiani Lione Garibaldi Rabelais Generale Mecheri Ghino Polese Ghino
|