Il momento era sublime! Il fumo si era dileguato ed il sole ripercotendo i suoi raggi sugli elmi dei nostri avversari, faceva apparire qua e là dei subiti guizzi di luce, da farteli scambiare per lampi. Un gridìo continuo, entusiastico, un prorompere di fucilate... eppoi i soldati di re Guglielmo, pestati, inseguiti colla baionetta alle reni, abbandonavano a rotta di collo il campo di battaglia, seminando il terreno di fucili, d'elmi, di feriti e di morti, e ritirandosi per tre chilometri buoni: tra gli altri trofei furono presi sette fuRgoni d'ambulanza del valore di circa novantamila franchi.
Il bravo colonnello Lhoste però, caricando arditamente alla testa dei suoi audaci Franchi Tiratori veniva mortalmente ferito. La battaglia era compiuta, la vittoria aveva sorriso all'indomito coraggio, allo slancio più che umano dei volontari della repubblica.
Tornammo subito indietro per annunziare la grata novella; quale non fu la nostra maraviglia, quando, fatti pochi passi dal campo, incontrammo delle signore che si erano spinte arditamente fino lassù; signore che infangavano nelle pozzanghere i loro stivaletti aristocratici e che ci salutavano sventolando i fazzoletti, sorridendoci con un'angelica grazia.
Non era gioia, non era entusiasmo quello da cui era presa Digione la sera del ventidue... era ebbrezza, delirio: a mezzo chilometro dalla città era già affollata la via; donne vecchi, ragazzi ci saltavano al collo, ci prendevano tra le mani la testa ci sollevavano dal peso delle anni, ci insegnavano l'un l'altro, gridando a squarciagola: Vive les Galibardiens, vive Galibardi, vive l'Italie.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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