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      Ci portavano quasi in collo dal mezzo di strada nelle trattorie, e lė ci offrivano da bere, nč ci era versi di rifiutarlo; da ogni parte strette di mano, da ogni parte baci: "come sono giovani" si sentiva ripeter da una parte; son dei bravi soldati, si ripeteva dall'altra... oh! divini momenti, oh! dolci soddisfazioni di chi compie un dovere, capaci di riabilitare la persona pių turpe, capaci di fare un eroe del pių pusillanime.
      Ma echeggia un grido potente, non interrotto, che fa rintronare da un capo all'altro la strada; le finestre si spalancano con forza; le vecchie, rimaste uniche in casa, si affacciano, si spenzolano, agitano le loro pezzole; un fremito nuovo di gioventų rianima quelle fibre affralite dagli anni: non č il vincitore d'ingiuste battaglie quello che passa, č l'apostolo delle cause giuste, č il propugnatore dell'umanitā, č l'eroe leggendario, l'uomo incorrotto che con un pugno di ragazzacci fa retrocedere i soldati che han fatto tremare l'Europa... č Garibaldi.
      - Viva Garibaldi - Gridano tutti, e popolani, soldati si buttano verso di lui, vanno quasi sotto i cavalli e le rote della carrozza: tutti vorrebbero stringergli la mano, tutti vorrebbero divorarlo dai baci!
      - Gridate: viva la repubblica - Grida il buon vecchio - e non sa riparare a salutare, e sorridere.
      I soldati che tornano hanno tutti un'elmo, un fucile preso ai Prussiani; un giovinetto ha un piffero e fischia un'arietta in mezzo agli applausi di tutti. Passano dei prigionieri; tutti gli guardano, ma nessuno alza un grido.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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