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      CAPITOLO XVII.
     
      Alla mattina del ventiquattro la bandiera Prussiana fu mostrata a tutte le truppe e suscitò ovunque l'entusiasmo più vivo; quella bandiera era nuovissima, tutta in seta, magnifica. La popolazione Digionese, accortasi dell'errore meschino in cui l'avevano fatta cadere la sera precedente alcuni vigliacchi, non si restava dal magnificare il nostro coraggio ed aumentava verso di noi di dimostrazioni affettuose e gentili; sapemmo che causa principale dello sgomento e dell'allarme era stato il colonnello dei mobilizzati dell'Alta Savoja, che al primo rumore del combattimento, era corso con diversi suoi uomini alla ferrovia, e lì aveva preteso che di riffe o di raffe si mettesse in pronto un convoglio, onde partire alla volta di Lione.
      Tutto ci faceva sicuri che i Prussiani non avrebbero riattaccato; i nostri amici erano all'avamposti; pensammo bene di far loro una visita e intanto dare un'occhiata al terreno, dove poche ore avanti erasi combattuta la sanguinosa battaglia, alla quale eravamo stati presenti. Qual tremando spettacolo non ci offersero quei campi! Se io avessi la potenza descrittiva di poterli ritrarre al vero, farei inorridire i lettori... fortuna che non l'ho, e così risparmio loro un'emozione ben cruda! Il più sfegatato paladino della guerra, ammenoché non fosse un mostro, non avrebbe potuto fare a meno di fremere davanti a quella carneficina autorizzata dalle così dette gente civili. In qualche punto i cadaveri erano a strati; pochi i nostri, moltissimi quelli Prussiani; i Tedeschi si erano battuti come eroi; nel posto dove fu rinvenuta la bandiera si contavano uno accanto all'altro più di novanta cadaveri, tra i quali quello di un maggiore; la prateria, la strada, i viottoli erano ingombri di elmi, di fucili, di sacchi; ogni passo che noi si faceva eravamo sicuri d'inciampare in un morto.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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