Garibaldi aveva ordinato un inchiesta su tale nuova barbarie: io qui non voglio discutere, nè avrei dati bastanti per farlo, se sieno o no vere le spiegazioni, che pretese dare il Governo Prussiano con una nota pubblicata su quasi tutti i giornali del mondo: quello che è certo si è che l'ufficiale aveva le mani legate, che covoni di paglia già incendiati erano a poca distanza da lui e che l'infelice, come ben si può osservare dalla fotografia, era tutto coperto d'ustioni, all'infuori del capo. Con ciò non intendo lanciare un'accusa generale a tutto il popolo Germanico; il soldato abbrutito nella caserma, a qualunque nazione appartenga, spesso e volentieri cessa di essere un uomo per addiventare la belva la più sanguinaria.
Passata di poco la porta Sant'Apollinare, avanti di giungere alla barriera vi è il convento dei Cappucini: ivi erano stati messi i cadaveri, forse perchè si potessero riconoscere a bell'agio dagli amici. Prima d'entrare la nostra vista fu dolorosamente colpita da due carrettoni, zeppi di morti Prussiani; quale di questi ciondolava una gamba, quale una mano; l'insieme ti offriva l'idea di una gran montagna di carne; il pavimento era tutto cosperso di sangue, che alcune ferite tuttora gocciavano.
Entrammo in una piccola stanza; sopra due tavoloni erano stesi una ventina di Garibaldini, tutti privi di vita; tra questi lo Squaglia, sorridente come vivesse tuttora; la maggior parte mancava di qualchecosa di vestiario: gli avvoltoi della gloria, avevano, come pocofà si è veduto, fatto man bassa sulle più piccole inezie, purché vi fosse da ricavar qualche soldo.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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