- Chi?... io?
- No... Miquelf...
- O non sei tu il comandante il deposito?
- Che deposito d'Egitto! - e qui una bestemmia in Romagnolo - io non ne voglio saper nulla... che faccia lui, che sa tutto - e qui una litania d'improperi alle spalle del sottotenente.
Era sempre così; una lotta continua, un ricambiarsi perpetuo d'impertinenze, che ci facevano godere amenissime scene: Miquelf non sapeva l'Italiano, il Ricci non conosceva neanche di vista il Francese, per cui noi si rideva e le cose del deposito andavano a vanvera.
Dopo essermi assicurato che nulla di nuovo eravi al quartier generale, lasciai il mio tenente, e presi la Rue Condè.
Vidi alle cantonate delle città una nuova sentenza della corte marziale; questo tribunale, istituito dal dittatore Gambetta, continuava a terrorizzare l'esercito, e solo, mercè l'influenza benigna di Garibaldi, ora si addimostrava assai più benevole di quando fu impiantato; sul principio non erano che sentenze di morte: per il nonnulla più piccolo non si esitava a decretare la fucilazione di un soldato: in Autun fu ucciso perfino un volontario, che, affamato, aveva rubato una gallina... A Digione per colpe così gravi, ci si contentava di mandar l'uomo in galera! Lo spirito bizzarro dei Garibaldini però aveva ridotto a materia di scherzo questo tribunale il cui nome faceva venir la pelle d'oca ai birbanti. Il gran giudice veniva chiamato Bertoldino: il codazzo dei sommi consulenti erano additati come le comparse della giustizia, o come le guardie di sicurezza della libertà. Guardia di sicurezza nel linguaggio di uno scavezzacollo significa, un animale irragionevole che ha del pagliaccio e delle birbante, del coniglio e dell'uccello da preda, sempre ridicolo e spregevole specialmente poi quando vuol fare l'eroe.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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