- Se fossi io nei piedi del Generale - Borbottò lasciandomi il vecchio ufficiale - vi pianterei tutti nel treno.
- Io mi augurai che quel vecchio non diventasse mai un pezzo grosso nella nostra piccola armata.
Ritorno a bomba per far sapere ai lettori che la legione Ravelli, che noi non incontrammo nel combattimento si era comportata strenuame. Ravelli era stato leggermente ferito, erano morti gli ufficiali Giomi, Mauroner, Falchiero, Leviski e molti altri di cui non so i nomi; stragrandi erano state le perdite della bassa forza.
Lasciai gli amici e il capitano e mi avviai verso casa. Per quel giorno la repubblica non era in pericolo. Mi fermai a dire due sciocchezze con la tabaccaia; la Luisa mi rimproverò perché io era uscito, io le accennai che ritornavo in casa; ci si bisticciò, si fece la pace, si rise eppoi andai in camera a scaldarmi.
Non sentendo più dentro me alcun'indizio di malattia, la sera me ne andai al solito Restaurant; vi entrai tristo: ripensavo che l'ultima volta ci ero entrato insieme con Rossi!
Appena aprii l'uscio, sentii un grand'urlo un urlo, come di chi prova paura. Mai erami successo in tutta la vita di venire accolto in quel modo nè sapea farmene ragione, per quanto mi scervellassi. L'urlo era stato proferito dalla proprietaria, che finora si era mostrata gentilissima ed educatissima a nostro riguardo.
- O non siete morto? - Mi disse finalmente di dietro il banco l'ostessa.
- Ma io credo di no! - Risposi immediatamente.
- È impossibile! - Questa replicò, turandosi gli occhi, quasiché si trovasse al cospetto di un'ombra.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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