Un povero disgraziato che capita in città dopo le undici, abbia pure le saccoccie rigurgitanti di maranghi, farà la fine del conte Ugolino.
Dopo aver provato all'albergatrice che almeno per ora non ero anche morto, ce ne andammo al café de la Paix, dove un subisso di mobili raccontavano mirabilia degli ultimi fatti. Tra questi predominava un capitano lungo come una pertica, elegante come un perfetto dandy.
- Guarda ha la croce di Mentana! - Mi dice all'orecchio il furiere Quaranta che in quella sera ci aveva accompagnato.
- Lascialo stare - Gli risposi io immediatamente, ma conoscendo l'umor delle bestie, fino da quel momento previdi dei guai.
Godo dire che i miei amici furono delicatissimi e che per parte nostra non sarebbe nato certamente diverbio di sorta. Si lasciaron cadere inosservate le solite fanfaronate francesi, si lasciò correre su certi eroismi di cui si facevano belli questi Don Chisciotte da dieci al centesimo; ma quando in mezzo all'attenzione generale, il gallonato cosaccio si lasciò scappare di bocca: Les Garibaldiens sont dès aventuriers, ci alzammo tutti contemporaneamente da sedere e ci avvicinammo a questi guerrieri da caffè.
Scommetto che il capitano non ci aveva veduti: me lo fa credere la sua fisonomia pallida e sconvolta, che fece, appena che ci vide vicini.
- Rèpetez, Monsìeur, ce que vous aves dit? - Urlò come un indemoniato il Quaranta.
- Je vous assùre...
- Ah.. lache - E un potente manrovescio fe' capitombolare sotto il biliardo lo spilungone.
Ci si era: battaglia campale: volavano banchetti, tazze, piattini: fu rotto uno specchio e chi sa quanti bicchieri: le guardie mobili sul primo tennero fermo, poi, peste e malconcie, se la diedero a gambe.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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