Tenemmo dietro a due giovinette e secoloro entrammo in una via che rimane sotto i bastioni della città. La porta della Maison du Plaisir era tutta crivellata da colpi di revolwer. Gli ufficiali prussiani, superbi e sguaiati, come tutti i conquistatóri, avevan provato diletto a rovinar tutti gli usci, e tutte le vetrate di quella strada dedicate al piacere. Aggiunsi anche questo a tutti gli altri soprusi che avevano commesso i soldati della grazia di Dio, e mi tornarono in mente le parole dell'inno di Handt:
Dove non radica straniero vezzoDove ha l'onesto stima: e al disprezzo
Il vil si danna...
È sol sol'ellaL'intiera ed una Germania è quella.
È deliberato che i poeti non abbino ad imbroccarne una sola. Lo stendardo Germanico, finchè è nelle mani di un re, rappresenterà l'oppressione come tutti gli altri stendardi monarchici.
Entrammo in una bella sala, circondata da divani in velluto, tutti occupati da moblots d'ogni grado, intenti a ber della birra e a far la corte alle damigelle: una ventina di bottiglie stappate erano disposte in batteria sul tavolino; sei erano le disgraziate, passabili ma avvizzite; in un canto ve ne era una ubriaca; quasi tutti fumavano cigarettes; predominava sulle altre un'Alsaziana, bella, ma stupida... una vera rosa del Bengala; bellezza senza profumo: la degnava solamente con gli ufficialetti, a cui ogni poco chiedeva da bere.
Il nostro ingresso non provocò certamente una dimostrazione: le donne rimasero indifferenti: i moblots facendoci il viso dell'arme ogni tanto ci occhiavano a squarciasacco: per far qualchecosa ordinammo da bere e uno dei nostri andò al pianoforte.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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