- Noi abbiamo finito di combattere - Dicevo alla vaga Luisa che colla testolina chinata sempre osava appena guardarci.
- Oh! voi siete felice.. voi rivedrete la vostra bella io me la immagino... una charmante pétite Italienne.
- No, assicuratevelo, io non son punto felice!
- E perché?
- Voi... Francese... mi potete domandare il perchè?
- Io Francese vedo che siamo traditi.
- E... e.. - gridai io dimenticandomi di parlare con una donna.
- Ed ho pianto - Sussurrò lei con le lacrime agli occhi.
- Vi ricorderete di me?
- Sempre... ci avete il vostro ritratto?
- No!
- Me lo manderete?
- Ve lo prometto!
- Grazie... io voglio tanto bene ai Garibaldini.
Questa parola fu un balsamo per l'esacerbato mio spirito; di cosa non è capace una donna?... Per niente gli antichi non immaginarono Ercole che fila ai piedi di Onfale.
E così venne il martedì, giornata che noi credevamo simile alle altre che ci aspettavano, per monotomia e che grazie alla lealtà dei governanti francesi doveva esser pregna per noi di avvenimenti di nuovissimo genere.
Usciti di casa riscontrammo la legione Ravelli, che colla musica in testa marciava verso la direzione della barriera del Parco.
- Dove andate? - Domandai al capitano Becherucci che si era staccato dalla sua compagnia per salutarmi.
- Ma... sento un presentimento che mi dice che ci si avvia verso l'Italia.
Il mio amico doveva esser profeta.
Erano appena le undici e Mecheri, Ghino ed io mangiavamo delle paste in una bottega di faccia al teatro. Digione era piena di pasticcerie, dove si mangiavano dei pasticcetti eccellenti.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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