Poco dopo gli Usseri, nostri vicini di caserma, montavano a cavallo e partivano a mezzotrotto.
Decidemmo di prendere la stessa direzione, allorché vedemmo venire a noi il sottotenente Mussi e il caporale Luperi, che essendosi portati fuori della città per recare una lettera al colonnello Tanara, ci ragguagliarono, essere cominciato un fuoco abbastanza lento tra le due artiglierie. Ci dissero essere ottimo lo spirito dei volontari, ma che nessuno sapeva farsi ragione, del come i Prussiani, violando i trattati si avanzassero verso di noi con colonne strapotentissime. Tra gli altri Garibaldini in faccia al nemico si trovava quel giorno il bravo Pais, che deposto il berretto da colonnello e, messosene uno di pelo, marciava come un semplice soldato, munito di carabina. Dopo essere stato destituito da Frapolli, l'integro patriotta, l'onesto repubblicano era corso là dove aveva spedito tanti uomini che non si volevano far partire, esponendosi fino d'allora ad essere destituito e a subire un consiglio di guerra.
Si andò alla prefettura; v'incontrammo Ricci che ci ordinò di star pronti; domandammo ragione di quel diascoleto ed ei ce lo spiegò con poche parole.
Il governo della difesa Nazionale, non ultima disgrazia della disgraziatissima Francia, non aveva compreso nel patto proposto i dipartimenti della Côte d'Or, del Doubs e del Jura. Quindi sospensione d'ostilità per tutti gli eserciti fuori che per il nostro: si voleva avere il gusto di vedere sconfitti anche i pochi cialtroni che sapevano farsi ammazzare, perchè non avevano niente da perdere.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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