Il Generale dava le sue dimissioni. Queste notizie finiscono di rovinare il morale dei volontarii. Nessuno presta servigio, tutti vogliono tornare in Italia.
Vedo aux Vendanges de Bourgogne Castellazzo: mi perdoni l'egregio amico, ma lo avevo scambiato per un barocciaio. Ha un cappellaccio di pelo e una casacca pure di pelo. Gli parlo: egli, con quell'abbigliamento, è riuscito a deludere la sorveglianza del nemico ed ha attraversato le file prussiane. Anche lui è sfiduciato e mi dice che in quanto al partire per noi può essere questione di giorni.
Siamo chiamati in quartiere: il nostro tenente dice di averci a fare una importantissima comunicazione e fa leggere al foriere il seguente ordine del giorno:
Ai bravi dell'Armata dei Vosgi.
Io vi lascio con dolore, miei bravi, e sono costretto a tal separazione da circostanze imperiose.
Ritornando ai vostri focolari raccontate alle vostre famiglie i lavori, le fatiche, i combattimenti che abbiamo sostenuti insieme per la santa causa della repubblica.
Dite loro sopratutto che aveste un capo che vi amava come figli e che andava orgoglioso della vostra bravura.
A rivederci in circostanze migliori.
GIUSEPPE GARIBALDI
Terminata questa lettura, do un'occhiata ai compagni, vedo degli occhi lustri e non posso fare a meno di notare un silenzio molto eloquente: non vi è che dire; i miei compagni sono tutti commossi, quanto lo sono io. Le generose parole dell'eroe sono scese nel cuore di tutti: ci insultino pure i Giuda politici, i prezzolati campioni della Monarchia, ci chiamino vagabondi e gente che non ha nulla da perdere, le nostre fatiche non potevano esser meglio ricompensate, le nostre idee non potevano esser meglio comprese.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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