Gran meraviglia da parte nostra: tre ufficiali di stato maggiore che studiano, ma dunque in Italia voglion morire?!
Vediamo il forte d'Esilles.
- Ora siamo in Italia - Mi dice il guardatreni.
Sento allargarmi il cuore: un senso di dolcezza mi corre di fibra in fibra e ripeto, entusiasta agli amici: Siamo in Italia.
- E ora? - Mi risponde uno in tuono di dubbiosa ansietà.
- E ora che?... Di rimando rispondo.
- Come ci tratteranno i nostri padroni?
Restai pensieroso, ma uno, certamente più giovine e per conseguenza più poeta di me, prese la parola e schiccherò questo bel discorsino. Come vuoi che ci trattino?... Io lassù in Francia ho letto dei giornali e tutti dicevano bene di noi e celebravano le vittorie di Garibaldi: la nostra gloria, assicuratevelo, ha avuto un'eco potente nelle nostre città, quantunque avvilite e prostrate sotto il falso sistema che le corrompe, tenendole schiave: noi non siamo fuggiti: reietti dal governo Francese, pochi, senz'arme abbiamo vinto: i nostri compagni più cari, i giovini in cui l'Italia riponeva ogni sua speranza si son lasciati cadaveri: la morte ha falciato nelle nostre file con più animazione di quella con cui il colono falcia le spiche: poveri siamo partiti, più poveri siamo tornati: abbiamo affrontato fatiche che a narrarle soltanto possono sembrare impossibili, abbiamo fatto sempre il nostro dovere... come vuoi che ci accolga il nostro popolo, come vuoi che ci accolga il nostro governo? Abbiamo forse fatto disonore all'Italia? le glorie della camicia rossa non sono state oscurate: il nostro debito di graditudine verso la Francia è stato pagato; abbiam vinto, abbiam tolto una bandiera al nemico ah! non temete: il governo Italiano non si darà per inteso del nostro arrivo, e non ci farà dei soprusi.
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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato 1871
pagine 297 |
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