Ciò che si mostra e prevale è la loro differenza, l'effetto e insieme la causa della loro separazione originaria. Questa differenza, che è come il centro proprio di ciascuna nazionalità, ha per così dire una gradazione spirituale nelle diverse nazioni: più immediata e naturale nell'India, più libera e riflessa in Grecia, più astratta ed universale in Roma, dove si accosta e prelude all'umanità. E così accade poi che nel mondo moderno, all'opposto dell'antico, la vita di ciascuna nazione si muove come all'aperto insieme con quella delle altre; ciascuna è non solo se stessa, ma anche l'altra; anzi non è veramente se stessa, che in questa relazione e intima unità colle altre. Il fondamento naturale e proprio cede, senza però sparire, a un nuovo fondamento, comune ed universale; il quale non è più qualcosa d'immediato e primitivo, come la comunità originaria anteriore alla separazione, ma è il risultato di una lunga, paziente e dolorosa elaborazione comune, che apparisce come rimescolamento e lotta di popoli e di stirpi; è una nuova origine, una seconda nascita. Così la nazionalità non ha più lo stesso significato di prima. Non apparisce più come qualcosa che è dato naturalmente e immediatamente e dirò quasi ciecamente da un inesorabile destino; ma come un prodotto assolutamente spirituale, come il posto che ciascun popolo piglia da sè, per sua propria e conscia energia, nello splendido banchetto della nuova vita. D'ora innanzi nazionalità non significa più esclusione o assorbimento delle altre nazioni, ma l'autonomia d'un popolo nella vita comune de' popoli; come la personalità dell'individuo consiste nel conservare la propria autonomia nella comunità dello Stato.
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