Io mi sono dilungato nella caratteristica della filosofia antica, perchè da un lato, solo essa, l'indiana come la greca, si può dire nazionale nel vero significato della parola; e dall'altro lato, compresa la filosofia antica e quindi il suo difetto, noi abbiamo già compreso il problema e l'indirizzo principale della moderna, che nasce da quella, ed è appunto il suo compimento. Sarò, dunque, breve nel resto; e tanto più, che l'ho già esposto ampiamente in un'altra scrittura, pronunciata da un'altra cattedra, e che forma con questo discorso un sol tutto2.
Il problema della filosofia moderna e il fondamento necessario alla sua instaurazione richiedono che essa non sia l'opera di una sola nazione, ma di tutte. Il problema è il concetto dello spirito nella pienezza della sua vita, nella sua umanità, e non già come spirito di questo o di quel popolo; il fondamento è la educazione comune già avvenuta. Laonde nel medio evo e nel nuovo tempo tutte le nazioni hanno i loro rappresentanti; ciascuna contribuisce la sua vita alla vita comune del pensiero; ciascuna pone un elemento della soluzione del problema, e non già la intera soluzione. Specialmente dopo il Risorgimento, quelle che appariscono come filosofie nazionali, il cartesianismo in Francia, il lockismo in Inghilterra, e così via via, non sono che tante stazioni per le quali passa il pensiero nel suo corso immortale. La filosofia moderna non è dunque nè inglese, nè francese, nè italiana, nè alemanna solamente, ma europea. Un popolo che si arrestasse ad una di queste stazioni o le girasse intorno senza andare avanti, non avrebbe più vita filosofica, e gli si potrebbe applicare il detto di Cristo: "lasciate i morti seppellire i loro morti".
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