Il quale, dunque, non è l'Essere, non l'Ente o l'Intelligibile, non il Sopra-ente, non l'Actus purus, non la Sostanza, non l'Essere supremo, non la Materia, e così via via; non è nessuno di questi predicati semplicemente, ma è quello in cui essi tutti si risolvono e che non si risolve in altro; e per ciò è tutto se stesso, non più predicato, ma unico soggetto, cioè l'Unico o il vero Dio.
Questi predicati, presi come soggetto, sono le principali stazioni della storia della filosofia. Noi abbiamo visitato queste stazioni, e visto quale di esse appartiene a ciascuna nazione. Così l'Essere astratto appartiene agl'Indiani, l'Intelligibile agli Elleni, il Sovrintelligibile agli Alessandrini, l'Actus purus agli Scolastici, che erano di tutte le nazioni, il Pensiero astratto e la Materia a' Francesi, la Sostanza a Spinoza che nacque in Olanda, la Percezione agli Inglesi, e tutto il resto all'Alemagna. Dove è dunque, direte voi, la filosofia italiana?
Signori, la filosofia italiana è da per tutto; è in sè tutta la filosofia moderna. Ella non è un particolare indirizzo del pensiero, ma, direi quasi, il pensiero nella sua pienezza, la totalità di tutti gli indirizzi. Io non parlo dell'Italia antica; la sua filosofia è parte della greca. Parlo dell'Italia moderna, di quella che deve essere, come ha detto una verace parola, l'Italia degli Italiani. Questa universalità, in cui si raccolgono tutti gli opposti, questa unità armonica in cui si riassumono tutti i lati dell'ingegno europeo, è appunto il nostro genio nazionale.
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