Dopo Vico, la spontaneità dell'ingegno filosofico italiano pare smarrito. I nostri filosofi ricevono l'impulso dagli altri paesi. Solo Vico non ha origine che da se stesso. Galluppi, Rosmini e Mamiani pigliano da Kant il problema del conoscere; il loro difetto è di esaurirsi in esso. Non si avvedono che il significato vero di questo problema è la necessità di una nuova filosofia: della filosofia dello Spirito in luogo di quella dell'Ente. Solo Gioberti, nel quale si può dire ritornata tutta la spontaneità dell'ingegno italiano, si accorge che la psicologia è mezzo e non fine, è mezzo di porre un nuovo principio e non già di consolidare l'antico. Questo nuovo principio è espresso nella formola ideale, la quale non è altro, chi ben intende, che il nuovo concetto dello spirito, il concetto di Dio come il Creatore4.
Così l'ultimo grado, a cui si è levata la speculazione italiana, coincide coll'ultimo risultato della speculazione alemanna. Questa coincidenza ci addita la via che dobbiamo tenere per progredire. Studiamo noi stessi, la storia del nostro pensiero, ma senza temere o spregiare il pensiero di un'altra nazione, in cui si raccoglie egualmente il patrimonio della speculazione europea. Studiando anche questo pensiero, noi studieremo meglio noi stessi; giacchè esso non è altro in sostanza che lo stesso nostro pensiero in altra forma. Così noi avremo come due coscienze in una, cioè una maggior coscienza. Noi abbiamo tanto più bisogno di specchiarci in questa seconda coscienza, in quanto che, per la malvagità degli uomini e della fortuna, la nostra non è stata sinora quel che avrebbe potuto essere.
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