Dopo le lunghe torture di Campanella e il rogo di Bruno, si formarono in Italia come due correnti contrarie: quella de' nostri sommi pensatori e quella de' loro carnefici. Questi dicevano naturalmente, che la loro era la vera corrente della nostra vita, la vera filosofia italiana. Questa corrente non è ancora del tutto estinta; anche oggi dicono che l'Italia, che noi stiamo facendo, non è la vera, ma la vera è quella che abbiamo disfatta. Tale contradizione nel seno stesso della vita nazionale impedì lo sviluppo della filosofia del Risorgimento, e fu cagione che Vico e Gioberti poco fossero compresi, anzi, dirò francamente, non comprendessero perfettamente se stessi. Così la mancanza di libertà ci fece per lungo tempo come stranieri a noi medesimi, e il nostro vero pensiero divenne quasi un segreto per noi, prosperando in altre contrade. È tempo di ripigliarlo, che è nostro, ora che siamo liberi.
NOTA ALLA PROLUSIONE
INTORNO ALLA FILOSOFIA INDIANA.
Il fine principale di questa mia Prolusione è stato di mostrare la insussistenza della opinione di coloro, che parlano oggigiorno di una filosofia nazionale, come gli ebrei, tanti secoli fa, parlavano del loro Dio. Perciò, se qualcuno mi rimproverasse che nelle brevi parole che ho detto sull'India, io abbia fatto d'ogni erba fascio, non distinguendo il bramanismo dal buddismo, e la filosofia del Vedanta da quella del Sankhya e dalla speculazione buddistica, e in generale i tempi più o meno naturali dell'India, direbbe Vico, da' tempi umani, io potrei rispondere: questo rimprovero dimostra più di quel che io voleva.
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