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      La scienza non si può dir davvero giustificata, se non quando è giunta al suo ultimo risultato, quando ha toccato la sua meta. Questa meta è la scienza stessa, la scienza come oggetto della scienza, la scienza che spiega se stessa.
      Questa proprietà della scienza - di giustificare assolutamente se stessa - forma il suo privilegio e la sua difficoltà. Da un lato, essa non deve presupporre nulla che non sia la scienza, ed esiste solo a questa condizione. E dall'altro lato, ella deve spiegare non solo, come si dice, il reale, le esistenze, le cose del mondo, ma se stessa come suprema e assoluta realtà. La scienza non è, come si crede comunemente - come credono spesso gli stessi scienziati -, una semplice immagine o copia, più o meno fedele, del reale o delle cose: una fotografia, che riproduca più o meno felicemente un mondo, di cui il fotografo o la fotografia stessa non facciano parte. Il reale o il mondo senza la scienza - preso così per sè - non è il vero reale, il vero mondo. Questo è solo la scienza, giacchè scienza non vuol dir altro che la verità del mondo. Il reale senza la scienza è solo una parte del reale; la quale, presa pel tutto e riprodotta semplicemente dalla scienza, è falsa, perchè solo in quella unità, che è il Tutto, essa ha il suo vero significato.
      Le scienze particolari, p. e., la matematica, la fisica, non hanno nè questo privilegio, nè questa difficoltà. Da una parte esse presuppongono i proprii principii, e dall'altra non giustificano se stesse come scienze.


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La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea
di Bertrando Spaventa
Editore Laterza Bari
1908 pagine 286