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      Di poi, dopo tanto tempo, tante vicende, tante lotte, dalle quali uscimmo, più o meno, con diverso volto e quasi con altra natura, noi cominciammo ad unirci di nuovo: a sentire e conoscere la nostra unità, la nostra comune natura, non solo tra noi, ma co' popoli di altre stirpi. L'espressione più chiara e genuina di questa coscienza - della coscienza della nostra umanità - è la filosofia moderna. Togliete questa coscienza, e la filosofia moderna non ha più significato. Ho detto la filosofia moderna, e dovrei dire la filosofia antica: la greca, da Socrate in poi; giacchè il principio socratico - inteso in un modo più o meno ristretto, cioè come semplice oggettività ideale di Platone ed Aristotele - nella sua pura ed ampia virtualità è appunto l'antropologismo. Con Socrate la filosofia precorre, almeno - ripeto - virtualmente, i nuovi tempi: i tempi umani.
      Questo ora vedono anche i ciechi; ma non i nostri nuovi bramani. Costoro s'hanno foggiato una storia della filosofia a loro modo, e l'hanno gerarchicamente divisa in caste, come gli antichi divisero la società indiana. Ogni nazione, essi dicono, ha la sua propria e particolare filosofia, e ciascuna filosofia è una casta. Guai, se si confondono le caste! In Europa oggi si nasce ontologista o psicologista, puro o impuro, teista o panteista, come nella valle del Gange si nasceva e si nasce tuttavia Bramano, Kshatriya, Vaisja e Sudra. Naturalmente i bramani - la primogenitura di Brama - siamo noi italiani; e non ci è bisogno di dire chi siano i Sudri, anzi i Tschandali, gl'impuri, i reietti, gli eslegi.


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La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea
di Bertrando Spaventa
Editore Laterza Bari
1908 pagine 286

   





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