Così si può dire di tutti i popoli quel che Vico dice degli antichi romani: parlarono lingua di filosofi senza essere filosofi.
Credo che non ci possa essere una dottrina più falsa e più contraria, ripeto, a tutto lo spirito della Scienza Nuova. Un popolo che non capisce niente di filosofia e non sente affatto il bisogno di filosofare, piglia da un altro popolo dei vocaboli filosofici, se ne serve, gl'introduce nel tesoro della sua lingua, e intanto non intende quello che dice! Ma perchè li piglia, e se ne serve? I vocaboli si pigliano a prestito, e se ne fa uso, quando si sente un certo bisogno della cosa, che que' vocaboli esprimono; e coi vocaboli si piglia la cosa. Pigliare i vocaboli senza la cosa, non mi pare possibile. Perchè i Romani dalle voci esse, genus, substare, etc. formarono essentia, generalis, substantia, etc.? Perchè aveano già appreso i concetti e le voci corrispondenti da' greci; e intendevano più o meno tali concetti. Ora il caso, di cui parla Vico, è ben diverso: non si tratta di pigliare i concetti e poi formare, secondo l'indole della propria lingua e da voci della propria lingua, i vocaboli; ma si tratta di pigliare vocaboli originali forestieri, così, senza i concetti e senza il bisogno di tali concetti. E quali vocaboli! Genus, forma, anima, etc. Agli scrittori del Giornale de' letterati d'Italia, i quali desideravano che egli avesse addotto luoghi dove la voce genus significasse forma, etc., Vico risponde: "in cotal guisa, nella quale voi richiedete da me le pruove delle origini, io avrei ritratto l'antica sapienza d'Italia da esse voci latine, non dalle origini loro, che è il mio argomento". Queste origini - almeno quelle da cui Vico ritrae l'antica sapienza nostra - non sono, dunque, per lui latine.
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