In generale, questa restaurazione, come tutte le restaurazioni fatte da coloro che hanno perso e vogliono rifarsi, non fu una vera conciliazione. Pure fu in qualche modo un progresso. E il maggior bene fu questo: che si riconobbe che ci era qualcosa da fare e qualche opposizione da conciliare. Gli stessi restauratori ammettevano, almeno implicitamente, che il mondo non andava più come era andato nel medio evo. Questa convinzione era così profonda in Campanella, che tra lui e la schiera comune de' restauratori ci è da fare una gran differenza. Costoro, più che a fondare il nuovo, miravano a conservare o riedificare il vecchio mondo; Campanella al contrario si sentiva come tirato dal nuovo, e il vecchio faceva su lui, dirò così, l'effetto d'un contrappeso. Gli altri guardavano indietro, e avrebbero volentieri voltato per sempre le spalle a ogni avvenire; Campanella guardava innanzi, e si volgeva indietro come il fanciullo verso la madre che l'ha allevato.
Infatti fin da giovinetto, come ho già, notato in una mia scrittura23, Campanella difende la fisica di Telesio, cioè la nuova scienza, la scienza della natura opposta alle credenze ecclesiastiche; ma nel tempo stesso con pietà religiosa indaga la relazione della vita naturale colla soprannaturale.
Vuol riformare la filosofia (cioè, non si contenta nè della Scolastica, nè davvero del medio evo) e la società (Città del sole); ma conservando, anzi promovendo sempre il rispetto della Chiesa cattolica.
Ammette il progresso; ma indirizzato ad una monarchia universale, capo il Papa, alla estirpazione dell'eresia, alla comunità de' beni e delle donne.
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