Riconosce che lo Stato e le relazioni mondane non sono il puro nulla, sebbene non abbiano in sè il divino, ma lo ricevano solo per partecipazione, in quanto servono a' fini della Chiesa; il vero Stato è l'ecclesiastico-laicale. È divino solo l'elemento religioso.
Afferma il valore del senso e della esperienza: anzi nella esperienza fonda tutta la scienza delle cose umane e naturali, e pone come principio la coscienza di sè e l'attività spontanea dello spirito (precorre l'empirismo ed il razionalismo). Ma con tutto ciò la scienza naturale non è cosa divina, e ha radice principalmente nell'anima materiale, più che nella immateriale (che è l'organo della religione). - Dualismo tra il naturale e il soprannaturale, come tra le due anime.
Insiste sulla necessità di studiare la natura, gran libro o codice di Dio: questo studio è tutta la filosofia. Ma il mondo in generale è solo la statua di Dio, non un lato della vita di Dio. Dio nella sua verità è assolutamente fuori del mondo, e ce lo fa conoscere solo la religione, non la filosofia; la quale così è di certo regina delle scienze naturali, ma sempre ancella della teologia.
Ma se la filosofia e le scienze naturali non ci fanno conoscere la verità, che è Dio stesso, a che servono? Come giustificare la necessità della loro esistenza? In generale, perchè questa vita terrena, finita, mutabile? Non se ne sa niente; è pericoloso anche il congetturare su ciò, dice Campanella.
Campanella non comprende la necessità del finito in generale: la mondanità e umanità di Dio.
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