La nobiltà è nella nascita; ma non ogni nascita fa nobile: ci vuole una certa nascita. E ciò vuol dire: non ogni natura è divina, ma solo una certa natura. Questo certo è un'opera umana: una distinzione fatta dall'uomo stesso, sebbene non in sè, nella sua umanità, ma nel seno stesso della natura. Così la divinità, che prima per l'uomo era solo la natura, comincia ad essere qualcosa d'umano, ma non è ancora davvero umana.
Finalmente l'uomo si pone come uomo; il divino è l'umanità stessa dell'uomo. Quindi non più distinzioni o classi naturali; ma tutti gli uomini han lo stesso diritto. La nascita non fa differenza. Rimangono le distinzioni; ma sono puramente spirituali, umane: opera dell'attività stessa dell'uomo libero.
Questo schema della psiche, che io ho detto nazionale, è la stessa psiche universale, e comune a tutte le nazioni. E qui si vede la imperfezione del gran concetto di Vico. Infatti, Vico conosce la umanità solo come nazione, e perciò non conosce davvero nè l'umanità concreta, nè la nazione o, meglio, le nazioni concrete. Il suo schema si applica a tutte le nazioni, e perciò è lo schema dell'umanità. Ma, giacchè ei non ha uno schema proprio di ciascuna nazione, e in realtà lo schema vero e concreto dell'umanità ha per contenuto gli schemi proprii delle nazioni, così lo schema vichiano della umanità è ancora astratto. Vico non vede chiaro che non solo la nazione, ma la stessa umanità ha età diverse, e le ha appunto mediante le nazioni. Le nazioni sono le età dell'umanità. - Se non che in questo stesso errore di Vico ci è qualcosa di vero, che apparisce come una protesta anticipata contro la esagerazione di questo metodo della filosofia della storia.
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