Quindi non conosce bene quel che conosce. Pare pretto empirista, un nuovo Locke, puro psicologista. Procede empiricamente, colla semplice osservazione; nega il giudizio sintetico a priori, e non intende il senso di questo problema, come l'ha bene inteso il Rosmini; pare insomma di tutt'altro infetto, che di kantismo.
E con tuttociò è kantista; è kantista quasi senza saperlo, quasi suo malgrado, per una forza superiore alla sua volontà.
Egli dice: sensibilità interna (la coscienza) e sensibilità esterna; e su questa doppia base che, come sensibilità, è una sola, edifica tutto l'edifizio del sapere, mediante l'intelletto vuoto, senza forma, e il volere. La sensibilità dà i materiali; l'intelletto e il volere fanno il resto. Così Galluppi dalla percezione sensibile si eleva gradatamente sino a Dio. E di Dio sa solo che è, ma non sa cos'è: l'Essere supremo. Così Galluppi pare lockiano: anche Locke comincia dal senso, che dà il materiale, lavora questo coll'intelletto e col volere, che sono vuoti, senza forma essenziale, e riesce all'astratto Essere supremo.
Ma già, in primo luogo, il volere di Galluppi non è perfettamente vuoto. Come volere etico, esso ha una forma, una originalità: quindi i così detti giudizii sintetici a priori pratici. Questi gli ammette. Essi scaturiscono dalla potenza produttiva della ragione; dall'unità sintetica dello spirito.
In secondo luogo, è vero che noi ci eleviamo dalla percezione a Dio. Ma noi non potremmo elevarci a Dio e nè meno al concetto dell'universo come tale, come cosmo, ordine, sistema, se lo spirito non creasse dal suo proprio fondo alcune idee, cioè non fosse una unità sintetica originaria.
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