Alle due specie di riflessione corrispondono due metodi: il psicologismo e l'ontologismo. Solo quest'ultimo è il vero metodo filosofico, perchè riproduce nella sua integrità l'organismo ideale. Ma lo spirito, come riflessione ontologica, non può ripiegarsi sopra l'Idea, se questa non è espressa sensibilmente, cioè circoscritta, limitata, e accomodata alla capacità finita di esso spirito. Questa espressione sensibile dell'Idea è la parola. Senza la parola, lo spirito non sarebbe altro che intuire, cioè apprendere confusamente l'Idea; vedrebbe tutto e non vedrebbe niente, e al più potrebbe ripensare l'intuito stesso come atto meramente soggettivo; ma non saprebbe veramente mai nulla nè di Dio, nè della sua propria essenza, nè di quella delle cose. Ora la essenza di Dio e delle cose, appresa immediatamente e perciò confusamente dall'intuito e conosciuta distintamente col sussidio della parola, e mediante il discorso della riflessione, non è la Verità assoluta, cioè la vera essenza.
L'Idea, che è l'oggetto immanente ed eterno della conoscenza, ha due lati; l'uno chiaro e l'altro oscuro. Diciamo due lati per rispetto all'intelletto umano, e non per rispetto all'Idea stessa, la quale come una e semplicissima è indivisibile, e non ammette distinzione d'intelligibile e di non intelligibile. Ella è l'intelligibilità stessa. La distinzione nasce dalla incapacità dell'intelletto umano di afferrare una parte dell'Idea, la parte più riposta ed intima; la quale si può chiamare essenza reale per non confonderla con quella che viene appresa dall'intelletto, e può avere il nome di razionale.
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