Adunque, l'identità che risulta da Fichte - identità, che è il principio stesso di Fichte, cioè la semplice mentalità: identità dell'Io con sè stesso, e non altro - questa identità come realtà, come identità reale, come identità reale d'Io e non-io, come identità d'Io e non-io reale, come identità fondamentale, come Natura: questa identità è un presupposto di Schelling (intuizione intellettuale).
Schelling dice bene con Fichte, spiegando Fichte: Se il non-io è reale conoscibile, deve essere Io. Quindi identità. Ma il se rimane sempre un se. Il se diventa è nell'intuizione intellettuale.
Certo è, ciò nondimeno, che posto l'Io, il non-io è posto come possibile; giacchè, se non fosse il non-io, non sarebbe l'Io. Mentalità è relazione necessaria tra Io e non-io. Se l'Io dunque è reale, il non-io è reale, è realmente. Ma è reale l'Io di Fichte? L'Io di Fichte è la semplice possibilità dell'Io (la semplice mentalità), non l'Io reale.
Non si potrebbe rovesciare il discorso, e come si dice: "perchè il conoscere sia possibile, bisogna che sia identità tra Io e non-io, e questa identità sia l'Io, la mentalità", dire invece: "bisogna che questa identità sia il non-io"? No. Questa identità = non-io è l'essere: e sarebbe lo stesso che derivare l'Io dall'essere, dal non-io. La storia della filosofia prima di Fichte ha mostrato, che ciò non si può fare. Il pregio di Fichte è questo appunto: aver provato, che l'Io (la mentalità; non l'Io reale: reale, in quanto Io) non può derivare che da se stesso; che, come mentalità, è assoluto; e che perciò, se quella identità è non-io, ossia essere, non ne può derivare l'Io (tale è lo spinozismo). Adunque, l'identità non può essere che Io, Ragione, Intelligenza.
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