D'altra parte io so bene quel che si dice da alcuni: "Che importa a noi di filosofia italiana e non italiana? Noi vogliamo la verità; e la verità non ha che fare colla nazionalità". Certamente, la verità trascende la nazionalità; ma senza nazionalità è un'astrazione. Trapiantate quanto volete la verità; se essa non ha veruna corrispondenza col nostro genio nazionale, sarà verità per sè, ma non per noi; per noi sarà sempre una cosa morta. Mostrare, dunque, che noi siamo vissuti nel grembo del pensiero europeo e abbiamo sempre promosso e partecipato a questo pensiero, che non siamo stati solamente noi e fuori della vita comune, non è un accorgimento, un procedere diplomatico, un rispetto umano, ma un nobile e rigoroso dovere per chi professa filosofia.
Così io ritorno, nel conchiudere questa breve istoria del problema della logica, alla intenzione principale della mia Introduzione. Per me non ci sono due filosofie moderne; due, tre, quattro correnti filosofiche perpetue, quante sono le nazioni presenti di Europa: ma ci è una sola filosofia, essenzialmente una. Questa unità è lo sviluppo stesso della filosofia nelle diverse nazioni. E molto meno per me ci sono due filosofie italiane, due, dirò così, Italie filosofanti: l'una bianca e l'altra nera, quella innocente, e questa peccatrice, la filosofia di Gioberti e la filosofia di Bruno. Bruno filosofava come si poteva e doveva filosofare nel suo tempo; Gioberti come si poteva e doveva nel suo. Non sono due correnti, due vite contrarie: ma sono il correre della stessa corrente, il vivere della stessa vita.
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