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      Se la filosofia è assoluta prova, - cioè, se non deve presupporre niente che non sia provato, - deve, dunque, innanzi tutto provare il pensare, il primo nel pensare, il processo del pensare.
      Questi momenti sono la prova stessa. Dunque, la filosofia deve provare la prova. E ciò pare impossibile.
      Questa è una seria difficoltà, sin dal principio. Se non ne usciamo, non possiamo fare un passo. Per risolverla, bisogna intenderla. Che importa, dunque, provare il pensare? il processo del pensare? il Primo nel pensare?
      b) Abbiamo visto che la Scienza (la filosofia) è la identità (mentalità) che si prova come concreta identità, come mente assoluta. Cioè:
      Logo o pura mentalità, che si prova, si sviluppa come Logo;
      Provato, sviluppato, come Logo, si sviluppa come Natura;
      Provato, sviluppato, come Natura, si sviluppa come Spirito.
      Questa prova, la scienza, è il pensare, che si sviluppa come pensare.
      Ma questo sviluppo è sempre attività del pensare, del mio pensare, dell'Io: certo non di quello di Fichte, ma pur sempre dell'Io, del soggetto, del pensare soggettivo, come si dice. Chi mi assicura, che questo sviluppo sia anche sviluppo della cosa dell'oggetto, del reale? Chi mi assicura, che il pensare sia il Vero?
      Questa è la prima difficoltà. Provare il pensare vuol dire: provare che il pensare sia il Vero; che pensando, puramente pensando, io sono nel regno della verità.
      Provare il pensare pare un quesito impertinente. E pure, se s'intende bene cosa si vuol dire, non è. Infatti il pensare - il pensare filosofico, e la stessa riflessione colta - non è il pensare comune, la coscienza volgare.


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La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea
di Bertrando Spaventa
Editore Laterza Bari
1908 pagine 286

   





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