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      Brevemente: la mediazione qui non è più semplice causazione, ma unità, sintetica originaria, mentalità, la relazione di Gioberti, che ponendo e insieme unendo i suoi termini, pone se stessa: causa sui, il creare, la dialettica.
      Questa relazione è quel che innanzi ci è parso una contradizione, cioè l'immediato-mediato, l'uno in quanto l'altro; cioè immediato, in quanto mediato per se stesso e non per un altro; mediato, in quanto la immediatezza ha in sè, qui, la mediatezza, non la esclude. Quindi immediato e mediato, in quanto opposti assolutamente l'uno all'altro, sono due astratti, non sono il Vero.
      E tali sono anche il Primo e il Secondo. Il Primo, il semplice immediato, è un falso Primo, un falso immediato, perchè il vero Primo e immediato è l'Ultimo, o meglio l'unità del primo e dell'ultimo (unità sintetica originaria); e il Secondo, il mediato, è un falso Secondo, un falso mediato, perchè il vero Secondo e mediato è il Primo, quello che è semplicemente Primo. Il semplice Primo è falso, perchè il vero Primo è posizione di se stesso, e perciò Primo e Ultimo. Pare che il semplice Primo abbia posto l'ultimo, e perciò si dice Primo; ma, in verità, quel che pare Ultimo, ha posto il Primo, e perciò è il vero Primo.
      Tutto quel che ho detto fin qui di questa terza prova, non è che una semplice ipotesi. Ma poniamo che stia. Se sta, quel presupposto, da cui dipendeva la contradizione nella ricerca del Primo, non ha più valore, e perciò la contradizione deve sparire.
      Infatti, se io cominciassi dal primo conoscere, dal primo sapere, dalla prima coscienza, dalla coscienza o certezza sensibile - da questo Primo e immediato, che pare veramente sia Primo e immediato, e mi riuscisse di elevarmi o meglio di elevarla (io e lei, spettatore e spettacolo, siamo in fondo la stessa cosa, cioè coscienza), se mi riuscisse, dico, mediante un certo processo insito nella coscienza stessa di elevarla all'assoluto conoscere; cioè di provare, che se la coscienza non fosse in sè assoluto conoscere, potenzialità infinita del conoscere, non sarebbe coscienza, conoscere, nè coscienza sensibile nè altro; se mi riuscisse di far ciò, cosa dovrei conchiudere?


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La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea
di Bertrando Spaventa
Editore Laterza Bari
1908 pagine 286

   





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