E continuerà così, se non ci si ripara. Io, che da un anno vado quasi ogni settimana a visitare quell'ospedale che si chiama sala degli esami, so quel che mi dico. È una malattia profonda e vecchia, e i protomedici eletti a regolare la cura, sono i primi malati. Siamo al cura te ipsum. - Se volessi continuare, non la finirei mai.
Ti ho scritto che forse sarei venuto a Torino alla fine di luglio. Ora ti dico lo stesso.... Non ho risoluto ancora. Ma se verrò, sarà per pochi giorni.
Sarete o non sarete sciolti? Credo che la cosa così non possa andare. È un po' di scandalo questo, che non si vedeva a' tempi di Cavour. È certo che il cervello manca, e che ciò che non manca, sono le pretensioni infinite di avercervello. Come si risolverà questa faccenda? Il Governo si scredita, il Parlamento si scredita: tale è la conchiusione. Mi pare che tutto l'ingegno ora consista ne' piccoli mezzi: in quei tali espedienti da padre guardiano, che nel 1859 mi facevano tanto andare in collera sul viale del Re. - Qui sempre lo stesso: ora aspettano Garibaldi. I nostri concittadini aspettano sempre; sono avvezzi a cercare sempre fuori di loro quel che possono trovare solo in loro medesimi. Se poi non ce l'hanno, è inutile ogni fatica. E io credo inutile tutti questi rimedi esterni, queste mezze panacee degne solo de' tempi passati e del povero Don Liborio.
A proposito, Don Liborio è risorto ed è vivo, per l'unica ragione che era morto. Corse questa voce, or sono poche settimane; e un amico di casa andava a condolersi colla famiglia.
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